Lettori fissi

lunedì 1 settembre 2025

I camalli minacciano il blocco delle merci d’Israele

 

Il giorno dopo la partenza delle prime imbarcazioni della Global Samud Flotilla cariche di aiuti umanitari per Gaza (ma quelle salpate da Barcellona sono tornate in porto a causa del maltempo), il primo ministro israeliano di estrema destra Itamar Ben-Gvir ha annunciato che il suo Governo tratterà gli attivisti umanitari come terroristi e ha presentato un piano per una loro detenzione prolungata in due prigioni di sicurezza. Inoltre, tutte le imbarcazioni saranno sequestrate.

Alle parole del ministro israeliano hanno prontamente risposto i portuali genovesi. Riccardo Ludino, esponente del Calp, ha annunciato che se saranno perso i contatti con le imbarcazioni solo per venti minuti saranno bloccate tutte le merci dirette a Israele, che dalla sola Liguria viaggiano su 13-14mila container. Ha aggiunto che se la merce non arriverà alla popolazione di Gaza, “non uscirà neppure un chiodo verso Israele”. Una dichiarazione appoggiata dal sindacato di base Usb, che ha aggiunto che la mobilitazione sarà estesa a tutta Europa.

I portuali hanno anche annunciato che il 26 e il 27 settembre si svolgerà a Genova una riunione dei delegati dei lavoratori provenienti dai principali porti del Mediterraneo e da quelli tedeschi e svedesi per organizzare una giornata di mobilitazione internazionale della categoria contro la guerra. Anche la Flai Cgil è intervenuta sostenendo la missione della Global Samud Flotilla, che è “un fondamentale atto di coraggio, impegno civile e solidarietà concreta verso un popolo vittima di genocidio”.

Il 31 agosto l’International Association of Genocide Scholars, che raccoglie circa cinquecento studiosi del genocidio, ha approvato una risoluzione secondo cui “le politiche e le azioni di Israele a Gaza soddisfano la definizione giuridica di genocidio di cui all’articolo II della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (1948)”. Tale convenzione stabilisce che sono da considerare genocidio gli atti “commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.

Inoltre, l’associazione dichiara che “le politiche e le azioni di Israele a Gaza costituiscono crimini di guerra e crimini contro l’umanità secondo la definizione del diritto internazionale umanitario e dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale”, elencando “la fame, la privazione degli aiuti umanitari, acqua, carburante e altri beni essenziali per la sopravvivenza della popolazione, la violenza sessuale e riproduttiva, e lo sfollamento forzato della popolazione”.

Sul fronte dell’informazione, l’associazione Reporter Senza Frontiere e la piattaforma Avaaz – che riunisce centinaia di organi di stampa - hanno avviato una campagna per la protezione dei giornalisti a Gaza e per il diritto della stampa estera di accedere in quel territorio in modo indipendente. Secondo i dati di Reporter Senza Frontiere, 220 giornalisti sono stati uccisi dall'esercito israeliano nella Striscia di Gaza in meno di 23 mesi. Solo nella notte del 10 agosto, l'esercito israeliano ha ucciso sei giornalisti in un attacco mirato contro il corrispondente di Al-Jazeera Anas al-Sharif. Meno di una settimana fa, lunedì 25 agosto, l'esercito israeliano ha ucciso cinque giornalisti in due attacchi consecutivi.

Gli Houthi hanno attaccato una petroliera israeliana

 Dopo un periodo di relativa calma, il 31 agosto 2025 è risalita la tensione nel Mar Rosso a causa di un attacco attuato dagli Houthi contro la petroliera Scarlet Ray. Lo ha annunciato il portavoce militare del gruppo, il Brigadier Generale Yahya Saree, attraverso un messaggio pre-registrato trasmesso sull'emittente televisiva al-Masirah. Gli yemeniti affermano di avere colpito la nave con un missile balistico, però l’ente britannico Ukmto sostiene che l'equipaggio della nave ha visto uno schizzo d'acqua in prossimità dell'imbarcazione causato da un proiettile non identificato e ha sentito un forte scoppio, ma tutti i membri dell'equipaggio sono rimasti illesi e la nave ha continuato il suo viaggio.

La Scarlet Ray è una nave cisterna per prodotti chimici e petroliferi battente bandiera liberiana, costruita nel 2020. La nave è di proprietà di Eastern Pacific Shipping, una compagnia con sede a Singapore controllata dall'imprenditore israeliano Idan Ofer. Eastern Pacific Shipping ha confermato in un comunicato che la nave non ha subito danni e rimane sotto il comando del suo capitano, con tutto l'equipaggio sano e salvo. La società di sicurezza marittima britannica Ambrey aveva identificato la nave come un obiettivo potenziale per i Houthi, poiché è pubblicamente conosciuta come di proprietà israeliana.

L'attacco si è verificato a circa 40 miglia nautiche a sud-ovest di Yanbu, una città portuale dell'Arabia Saudita sul Mar Rosso. Questo rappresenta un evento relativamente raro in questa zona, che storicamente ha visto pochi disturbi alla sicurezza marittima rispetto ad altre aree del Mar Rosso. A parte l’efficacia dell’azione, essa indica che siamo ancora lontani dal ritorno alla normalità nel traffico marittimo nel Mar Rosso e quindi nel Canale di Suez e difficilmente ciò avverrà entro la fine di quest’anno.

L’operazione degli Houthi dovrebbe essere una loro prima risposta all’attacco aereo israeliano che 28 agosto ha ucciso il primo ministro del governo Houthi, Ahmed al-Rahawi, insieme a diversi altri ministri nella capitale yemenita Sanaa. Questo attacco israeliano ha rappresentato la perdita più significativa per la dirigenza politica del gruppo sostenuto dall'Iran dall'inizio del loro coinvolgimento nel conflitto con Israele. Il portavoce degli yemeniti ha ribadito che le operazioni militari continueranno "fino alla fine dell'aggressione e alla rimozione dell'assedio sul popolo palestinese nella Striscia di Gaza".

Dal novembre 2023, i Houthi hanno lanciato attacchi contro oltre cento navi con missili e droni, affondando quattro imbarcazioni e uccidendo almeno otto marinai. Questi attacchi hanno costretto molte compagnie di navigazione a deviare le loro navi intorno all'Africa invece di utilizzare il Canale di Suez.

lunedì 25 agosto 2025

Arrestato a Seattle il comandante della portacontainer Msc Jubilee IX per consumo di alcol

 

Un grave incidente nel porto di Seattle riporta l’attenzione sulla sicurezza marittima e sul consumo di alcol a bordo. La Guardia Costiera statunitense ha arrestato il comandante della nave Msc Jubilee IX, una portacontainer da 108.770 tonnellate di stazza lorda e con una capacità di 8.800 Teu. La nave era arrivata all’ancoraggio vicino a Everett, Washington, proveniente da Busan, Corea del Sud, con scalo a Vancouver, Canada. Costruita nel 2008, la nave, registrata in Liberia, risulta essere entrata a far parte della flotta Msc nel marzo 2025. Lo stato di fermo è avvenuto a seguito di un’ispezione avviata dopo l’arrivo della nave in porto. La segnalazione alla Guardia Costiera era partita dal pilota del Puget Sound (il sistema di insenature che comprende anche il porto di Seattle), che il 20 agosto scorso, salito a bordo per guidare l’imbarcazione fino al Terminal 5 della città portuale americana, aveva notato segni evidenti di intossicazione nel comandante, e ha avvisato le autorità portuali. Nonostante la situazione, la nave è stata manovrata dal pilota e dal primo ufficiale durante il transito dall’ancoraggio al Terminal 5 del porto di Seattle in sicurezza. La squadra di ispezione e investigazione della Guardia Costiera è salita a bordo per condurre un’ispezione di routine. Durante il controllo, è stato somministrato al capitano un test di sobrietà e un etilometro, il cui risultato è stato inequivocabile: il tasso alcolemico del comandante era sei volte superiore al limite legale per i transiti marittimi commerciali. Immediatamente arrestato, il capitano è stato trasferito al centro di detenzione King County Jail, in attesa di essere formalmente accusato dal procuratore, mentre la nave è rimasta ferma fino alla nomina di un capitano sostitutivo. Soltanto dopo aver ricevuto l’autorizzazione a riprendere le operazioni, il 22 agosto, la Msc Jubilee IX ha potuto ripartire da Seattle diretta a Prince Rupert e, successivamente, verso Yantian in Cina. Un caso simile a questo era avvenuto a inizio 2024 a Felixstowe, dove un altro capitano di una nave Msc fu arrestato per un reato analogo.

Dfds soffre la concorrenza di Grimaldi sulla rotta Italia-Turchia

 


Il porto di Trieste è diventato l’epicentro della sfida nel cabotaggio marittimo per semirimorchi tra Turchia ed Europa da quando, a settembre 2024, Grimaldi ha avviato un collegamento ro-ro diretto tra Trieste e Ambarli (Istanbul), poi ampliato con scalo a Patrasso e potenziato nel marzo 2025 con una terza nave della serie Eco. L’ingresso del Gruppo italiano, seguito dall’annuncio di Msc di un nuovo servizio sullo stesso asse, ha reso ancora più affollata e competitiva la dorsale turco-italiana, che per lungo tempo è stata dominata da Dfds.

La compagnia danese, che su Trieste ha il suo gateway principale per i traffici dalla Turchia, ha subito nel secondo trimestre del 2025 le conseguenza sulla profittabilità: i volumi si sono mantenuti resilienti, ma il livello dei prezzi è stato più debole del previsto, erodendo i margini. Dfds ha reagito spostando parte della capacità su direttrici alternative, come la nuova rotta fra Trieste e il porto egiziano di Damietta e il rafforzamento dei collegamenti verso la Francia e la Tunisia. Inoltre, ha annunciato per settembre l’introduzione di un nuovo modello tariffario, senza però scivolare in una guerra dei noli.

Le tensioni competitive nel bacino mediterraneo sono state il principale fattore dietro il brusco calo degli utili del gruppo nel secondo trimestre 2025. La Divisione Ferry di Dfds ha registrato ricavi per 4.313 milioni di corone danesi (circa 578 milioni di euro), in calo del 6,9% rispetto al 2024, con un Ebit crollato a 186 milioni di corone danesi (25 milioni di euro), pari a una riduzione annuale del 63,4%. Oltre il 90% della flessione dell’Ebitda aggiustato della divisione è stato imputato al Mediterraneo, aggravato dall’aumento del costo netto del carburante e dagli oneri per il lancio dei servizi passeggeri su Jersey.

Nel dettaglio dei volumi, il Mediterraneo ha chiuso il trimestre con un aumento del 2,4%, sostenuto dai flussi Turchia/Tunisia–Francia e dalla nuova connessione con l’Egitto. Più in difficoltà la rotta Turchia–Italia via Trieste, dove la pressione concorrenziale ha indebolito i noli. Altrove, l’andamento è vario: riduzione dell’1,8% nel Mare del Nord (condizionato dallo sciopero nei porti svedesi), aumento dello 0,5% nel Canale della Manica (grazie alle nuove linee per Jersey), riduzione del 4,5% nel Baltico e aumento del 6,3% nello Stretto di Gibilterra, dove però Dfds ha dovuto chiudere a maggio la rotta Tarifa–Tanger Ville, trasferendo le due navi sulle rotte di Jersey.

La Divisione Logistica mostra un quadro più resiliente, seppure a macchia di leopardo. I ricavi del trimestre sono saliti a 3.897 milioni di corone danesi (522 milioni di euro), ma la redditività resta sotto pressione: l’Ebit è sceso a 33 milioni di corone danesi (4,4 milioni di euro). In Nord Europa e nel Continente il mercato resta caratterizzato da sovra-capacità e da tender aggressivi, mentre nel Regno Unito e Irlanda Dfds è riuscita a mantenere una crescita organica positiva. Più critica la situazione in Turchia ed Europa meridionale, penalizzate da domanda debole, incertezza tariffaria e colli di bottiglia ferroviari verso la Germania.

Per contrastare queste dinamiche, la compagnia ha accelerato sul programma di ristrutturazione Logistics Boost: otto progetti attivi, oltre 400 posizioni a tempo pieno eliminate, cinque attività cessate e otto sedi chiuse o accorpate. In parallelo, nella nuova divisione Türkiye & Europe South sono state vendute oltre mille unità di equipaggiamenti e ridotte circa mille posizioni a tempo pieno, con maggiore ricorso a subappalti.

Nel complesso del trimestre, Dfds ha chiuso con ricavi consolidati a 7.810 milioni di corone danesi (1,045 miliardi di euro) (+3% su base annuale), ma con un Ebit ridotto a 163 milioni di corone danesi (22 milioni di euro) (–69%). La società ha rivisto al ribasso le previsioni per il 2025: Ebit atteso tra 0,8 e 1,0 miliardi di corone danesi (107–134 milioni di euro), ricavi in crescita di circa il 5% e flusso di cassa libero aggiustato stabile a un miliardi di corone danesi (134 milioni di euro). Sul fronte patrimoniale, la leva finanziaria si attesta a 4,2x, con l’obiettivo di ridurla entro fine anno grazie al flusso di cassa e taglio dei capex (previsti a 1,4 miliardi di corone danesi).

La Marie Maersk cerca un porto sicuro dopo l’incendio

 




Il 13 agosto 2025 la Marie Maersk, una delle portacontainer più grandi al mondo con una capacità di oltre 19mila teu, ha subito un grave incendio mentre navigava al largo della costa liberiana. La nave, appartenente alla classe Triple-E della compagnia danese Maersk, era partita da Rotterdam con destinazione Malesia e stava percorrendo una delle rotte commerciali più trafficate al mondo quando l’equipaggio ha individuato fumo proveniente dai container. Le fiamme si sono propagate rapidamente oltre i primi container coinvolti, rendendo necessario l’intervento esterno di rimorchiatori e squadre specializzate.

L’equipaggio ha seguito i protocolli di sicurezza cercando di circoscrivere le fiamme con i sistemi di bordo, ma l’estensione dell’incendio ha reso indispensabile la deviazione verso la costa africana e la richiesta di assistenza. La sera stessa, due rimorchiatori dotati di attrezzature antincendio – il Captain Cat e il Med Rigel – hanno raggiunto la nave, affiancati dalla portacontainer gemella Maersk Savannah che ne ha scortato la navigazione a velocità ridotta.

Nel fine settimana successivo, l’intervento si è rafforzato con l’arrivo di ulteriori mezzi navali e di un’unità di supporto offshore. Secondo Maersk, grazie al lavoro congiunto dell’equipaggio e dei vigili del fuoco esterni saliti a bordo dal 19 agosto, l’incendio è stato contenuto ma non ancora spento. Le squadre continuano a operare per raffreddare le aree colpite ed evitare nuove propagazioni, mentre la compagnia resta in attesa di individuare un porto di rifugio idoneo.

Proprio la ricerca di un approdo sicuro è ora la sfida principale. La posizione al largo della Liberia, unita alle dimensioni eccezionali della nave – 399 metri di lunghezza e quasi 214 mila tonnellate di portata – riduce notevolmente le possibilità di ricevere assistenza a terra. Pochi porti della costa occidentale africana sono infatti attrezzati per gestire una nave di tali dimensioni, a maggior ragione se con container in fiamme.

Il caso richiama alla memoria episodi simili, come quello della Maersk Frankfurt nel 2024 o della X-Press Pearl, quando più scali rifiutarono l’attracco a causa dei rischi legati al carico danneggiato. Maersk ha reso noto di essere in stretto contatto con i clienti per fornire aggiornamenti sull’integrità delle merci, pur non potendo al momento confermare l’impatto effettivo dell’incendio sui container. Spesso all’origine vi sono carichi dichiarati in modo errato o imballati in maniera inadeguata, che rappresentano uno dei principali fattori di rischio. Le dimensioni sempre più grandi delle navi, con capacità superiori ai 19mila teu, amplificano il problema: più container significano maggiori probabilità di presenza di materiali pericolosi.

sabato 19 aprile 2025

Porto di Civitavecchia, si indaga su ‘controlli ammorbiditi’ su navi inquinanti: cosa si sa di più?

 


Quali erano i favori e i “controlli ammorbiditi” di cui, secondo la Procura di Genova, si sarebbero resi responsabili anche alcuni ufficiali della Capitaneria di porto di Civitavecchia in cambio di viaggi gratuiti o scontati su traghetti per Sicilia e Sardegna? Dalle notizie pubblicate  si apprende che, tra l’altro, essi riguarderebbero la navigazione di navi e traghetti con motori vecchi, inquinanti, fuori norma – in alcuni casi perfino manomessi o alterati. E allora, per chi conosce Civitavecchia, viene spontaneo associare questi fatti con l’annosa vicenda dei fumi neri prodotti dai traghetti e dalle tante navi da crociera in sosta nel porto, le quali devono tenere accesi i motori onde avere energia elettrica per i servizi di bordo. Con l’aggravante che il porto è all’interno della città e i fumi ricadono sui residenti: secondo i dati ASL-CNR entro 500 metri dal perimetro del porto è associato un incremento di rischio di mortalità per tumore al polmone (+31%) e malattie neurologiche (+51%) rispetto ai residenti in altre zone, tanto più – si aggiunge – se si considera che vi sono navi da carico e porta-container, traghetti di linea e navi da crociera (anche otto ormeggiate contemporaneamente), tutti con motori sempre accesi a bruciare olio combustibile per ore e ore. Proprio per questo, sin dal 2010 la Procura di Civitavecchia aveva dato disposizioni alla Capitaneria di intensificare i controlli con facoltà di sequestro della nave “nel caso di emissioni dense, prolungate e abbondanti”, procedendo contestualmente alla denuncia per emissioni moleste ed offese alle persone (art. 674 c.p.); sottolineando per iscritto che si tratta di “indagini connesse con la tutela della salute dei cittadini”. Iniziarono, quindi, a fioccare denunce e diffide con una sensibile diminuzione dei fumi soprattutto attraverso l’uso di combustibili a basso tenore di zolfo e, in alcuni casi, anche attraverso impianti che puliscono i gas di scarico. In proposito, da ultimo, nel 2024, il comandante della Capitaneria riferiva che nel 2023, su 841 navi giunte nel porto, ne erano state controllate 80, con approfondimenti specifici anche sul tipo di carburante utilizzato, non precisando, tuttavia, quali e quante fossero fuori legge. Adesso, alla luce delle indagini della Procura di Genova, sarebbe importante avere più dettagli su questi controlli e sul loro esito fugando qualsiasi sospetto di “controlli ammorbiditi”. Ma, nel contempo, è auspicabile che, dopo anni di immobilismo, vada celermente avanti il cantiere aperto per la elettrificazione delle banchine che dovrebbe terminare i lavori per il 29 giugno 2026. E così le navi che attraccheranno in una delle nove banchine opportunamente attrezzate, potranno spegnere i motori principali e alimentare i loro complessi sistemi con l’energia elettrica proveniente direttamente dal porto di Civitavecchia.

venerdì 11 aprile 2025

La Procura di Genova ha sequestrato tre navi di Cin Tirrenia

 Tre navi di Cin – Compagnia Italiana di Navigazione, l’ex Tirrenia oggi controllata del gruppo Moby (al 51% della famiglia Onorato e al 49% di Msc), sono state appena sequestrate da Guardia Costiera di Genova e Guardia di Finanza in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca anche per equivalente, emesso-su richiesta della Procura della Repubblica di Genova- dal Giudice per le Indagini Preliminari di Genova, per un ammontare di 64.313.897,70 euro. Lo ha reso noto la medesima Procura con una nota in cui si legge: “Il reato di frode in pubbliche forniture cui inerisce il provvedimento di sequestro riguarda il contratto tra la Cin e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per la linea Genova – Porto Torres stipulato per garantire la continuità territoriale a fronte del quale la società di navigazione percepisce risorse pubbliche”. In particolare, secondo gli inquirenti genovesi, Cin, nell’esecuzione del contratto, ha impiegato alcune navi della propria flotta prive dei requisiti previsti dalla normativa internazionale in materia ambientale. In particolare, alcuni componenti dei motori principali e dei diesel generatori di corrente si ritiene siano stati manomessi, alterati o sostituiti con pezzi di ricambio non originali e, pertanto, non conformi a detta normativa. Tali operazioni, ritenute di natura fraudolenta, sono state occultate mediante attestazioni mendaci riportate sui registri o attraverso la contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione e hanno consentito alla compagnia di navigazione di mantenere attive le certificazioni previste dalla normativa convenzionale di settore e di evitare il fermo della navigazione da parte degli enti preposti. Gli accertamenti sono stati effettuati soprattutto a bordo di alcune motonavi della flotta della compagnia di navigazione e hanno consentito di accertare varie irregolarità e ipotesi di falso e contraffazione che hanno determinato anche la mancata osservanza di specifiche clausole previste nel contratto col Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”. Essendo impiegate in servizi di continuità territoriale, le navi, “che nel frattempo – ha evidenziato la Procura – risultano essere state riportate a una condizione regolare che ne consente la navigazione”, continueranno ad operare, anche se Cin non potrà disporne commercialmente. Secondo Il Secolo Xix sarebbero più di dieci le persone iscritte nel registro degli indagati, a vario titolo per i reati di frode in pubbliche forniture e falso.“Apprendiamo con stupore delle richieste di misura cautelare e di un provvedimento di sequestro provenienti dall’Autorità Giudiziaria genovese, che arrivano a valle di un’indagine avviata da più di un anno, nel corso del quale la Compagnia si è rapportata agli organi inquirenti in termini di indiscutibile trasparenza e massima collaborazione. La Compagnia ha affrontato spese rilevantissime per assecondare tutti i dubbi e le contestazioni formulate dall’ufficio di Procura in merito alla conformità delle proprie motonavi alla disciplina internazionale in materia di inquinamento, pur non condividendoli. Proprio per questi motivi oggi si fatica a comprendere quali siano le ragioni che hanno spinto alla richiesta e all’emissione di tali misure cautelari” ha replicato Cin in una nota.

I camalli minacciano il blocco delle merci d’Israele

  Il giorno dopo la partenza delle prime imbarcazioni della Global Samud Flotilla cariche di aiuti umanitari per Gaza (ma quelle salpate da ...